Le difficoltà nella previsione dei temporali
Elaborare una previsione meteorologica è già di per sé difficile, ma quando si parla di temporali queste difficoltà aumentano di molto.
Per la formazione dei temporali servono tre ingredienti fondamentali: umidità nei bassi strati, instabilità atmosferica e un trigger (una forzante che faccia partire il processo di convezione). Non basta quindi l’ingresso di correnti più umide come avviene per un normale passaggio perturbato con precipitazioni diffuse.
Umidità
Quindi per prima cosa dobbiamo prendere in analisi la presenza di umidità, che costituisce il “carburante” per la genesi delle nubi temporalesche. Questa può variare molto tra una zona e l’altra, anche a breve distanza, e dipende dall’orografia e dai venti a bassa quota.
Per esempio, in una tipica situazione estiva al nord Italia, si viene a formare un minimo di pressione al suolo sulla pianura Padana, che richiama aria da Sud-Est. Quest’aria, arrivando direttamente dal Mar Adriatico, è calda e ricca di umidità e contribuisce a far aumentare notevolmente l’energia potenziale disponibile per la convezione, in particolare sul Nord-Est.
Un esempio simile ma dagli effetti opposti riguarda invece il Nord-Ovest. Qui l’Appennino ligure fa da barriera all’aria che viene richiamata da Sud verso il minimo di pressione in pianura Padana. L’aria, scendendo dai crinali diventa più secca, togliendo di fatto il carburante per la condizione nelle zone di pianura in cui soffia e accumulandolo ai bordi. La difficoltà sta nel capire fin dove si spingerà questo vento, e quindi quali zone vedranno inibite le possibilità di formazione di temporali e quali invece vedranno un accumulo di umidità a bassa quota e quindi un aumento di energia disponibile.
Instabilità
Per quanto riguarda l’instabilità invece dobbiamo guardare l’atmosfera “in verticale”. Infatti più è ampia la differenza di temperatura lungo la colonna d’aria (aria più calda vicino al suolo e più fredda in quota) più l’atmosfera sarà instabile. L’aria calda infatti, più leggera di quella fredda in quota, tenderà a salire per il fenomeno della convezione. È proprio salendo che quest’aria, ricca di umidità, condensa incontrando temperature inferiori e dando vita ai cumulonembi, le imponenti nubi torreggianti che generano i temporali.
Trigger
E qui arriviamo alla vera difficoltà di previsione dei temporali. Umidità e instabilità da sole non bastano. Serve una forzante che dia la scintilla per far partire la convezione. Questa può essere di diversi tipi. La più classica nella stagione estiva è la presenza dei rilievi. In assenza di perturbazioni infatti spesso si formano temporali lungo l’arco Alpino perché i venti spingono l’aria calda e umida verso le pendici delle montagne, dove questa è costretta quindi a salire formando così i classici temporali pomeridiani alpini.
Un altro tipo di forzante è l’ingresso di una perturbazione, che con un leggero calo della pressione o con un ulteriore abbassamento della temperatura in quota dà la spinta all’energia potenziale accumulata sotto forma di aria caldo-umida per far partire la convezione. Lo stesso effetto può essere ottenuto dall’ingresso di aria più secca in quota.
L’inversione termica
A volte però, nonostante la presenza di un innesco, i temporali non si formano comunque. Perché? Il motivo principale è la presenza di un “tappo” alla convezione alle medie quote, rappresentato da uno strato di inversione termica. Un tratto di colonna cioè in cui l’aria invece che diventare più fredda man mano che si sale di quota, diventa più calda. Questo strato può essere più o meno spesso, e la differenza tra avere temporali o non avere nulla dipende dalla sua tenuta.
Se l’ingresso di aria fredda in quota non è molto marcato, potrebbe non bastare per far saltare il tappo; una mano la può dare il riscaldamento dal basso a opera del sole, che via via riduce la differenza tra la temperatura dei bassi strati e quella della zona di inversione, finché questa viene annullata, il tappo salta e la convezione può esplodere. Di solito questo meccanismo di erosione delle inversioni si completa nel tardo pomeriggio, quando il riscaldamento dovuto al soleggiamento è massimo.
Tutto questo per dire che le variabili in gioco per la formazione dei temporali sono tantissime, e anche se gli ingredienti sembrerebbero essere tutti al loro posto, è possibile che qualcosa faccia saltare parzialmente o completamente il peggioramento.
I temporali sono fenomeni localizzati
In più i temporali sono fenomeni molto localizzati nello spazio, per cui in una zona in cui viene prevista la possibilità di temporali, è molto probabile che gran parte del territorio rimanga all’asciutto, mentre una piccola porzione vedrà fenomeni molto intensi. Anche per quanto riguarda l’orario di sviluppo dei temporali è impossibile essere precisi; si può individuare una fascia oraria in cui è più probabile che parta la convezione, ma ad esempio lo strato di inversione può saltare in anticipo o in ritardo cambiando le tempistiche del passaggio temporalesco.
È importante quindi, in una giornata in cui nella nostra zona viene prevista la possibilità di forti temporali, prestare molta attenzione al nowcasting, cioè all’evoluzione delle condizioni in tempo reale, perché la situazione può cambiare molto rapidamente.
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